Genere
letterario che nacque nella Francia
medievale e si diffuse presto nei paesi Europei ed in
particolare in Inghilterra e in Germania. Gli ideali
cavallereschi della società medievale sono
rappresentati tramite eroiche gesta guerresche o coraggiose imprese
avventurose spesso compiute in difesa dell'onore
di nobili fanciulle. All'origine si trattava di
un insieme di testi raggruppabili in tre famiglie: il ciclo
bretone, quello carolingio e quello
classico.
-
Il primo racconta le imprese di re Artù, dei cavalieri
della Tavola rotonda e le vicende di Tristano e Isotta:
è il ciclo di Bretagna, basato su
antiche leggende celtiche.
-
Il secondo narra le avventure di Rolando nella guerra di Carlo Magno
contro i mori, e ha dunque un fondamento
storico. Episodio centrale delle opere di questo
secondo gruppo è l'eroica morte del
paladino Orlando, capo della retroguardia
dell'esercito di Carlo Magno nella gola
di Roncisvalle, nei Pirenei (storicamente, il fatto avvenne nel
778).
-
Il terzo insieme di testi rielabora
alcune leggende classiche sopravvissute in forma romanzata attraverso
compilazioni greco-bizantine. Protagonisti ne
sono personaggi come Enea e Alessandro
Magno, e a essere raccontate sono vicende come la guerra
di Troia, anche se non mancano narrazioni di impianto mitologico.
I
primi due tipi di poema cavalleresco (bretone e carolingio) hanno
un peso decisamente maggiore nella tradizione del genere, che trova i
suoi principali modelli nella Chanson
de Roland, nelle chansons de
geste e nei poemi di Chrétien de Troyes.
In
Italia, la materia cavalleresca diede vita a una linea "bassa"
e a una "alta".
Da
un lato si sviluppò la letteratura franco-veneta, che riprendeva
soprattutto il ciclo carolingio assieme ai cantari, componimenti in
volgare recitati da cantastorie.
Dall'altro,
e con ben maggiore consapevolezza letteraria, si sviluppò la linea che
ha il suo capolavoro nell'Orlando
furioso (1532) di Ludovico Ariosto. L'aveva preceduto il Morgante
(1478) di Luigi Pulci, poema in ottave in cui la materia cavalleresca
carolingia è un pretesto parodico, un comico rifacimento delle canzoni
di gesta, funzionale all'esercizio di un linguaggio fortemente
personale.
Le
invenzioni comiche del poema (Morgante è un gigante, la preoccupazione
maggiore degli eroi è quella di cibarsi smodatamente) sono affidate a
uno stile misto, una scrittura popolareggiante che comprende però anche
termini tecnici. Anche
l'Orlando innamorato (1495,
pubblicato postumo) di Matteo Maria Boiardo
adotta una lingua composita, un emiliano illustre che include
espressioni popolari. Il contenuto del poema, però, questa volta è
serio: aggrovigliate avventure tradiscono un'evidente nostalgia per un
mondo ormai tramontato, interpretato da energici eroi guerrieri.
Ariosto
riprese
l'argomento del suo poema là dove il Boiardo, che aveva lasciato
incompiuto il suo lavoro, si era interrotto. Alcuni elementi dell'Orlando
furioso sono già presenti nell'Orlando
innamorato, come la dimensione magica e fiabesca, la centralità del
tema dell'amore, il gusto per avventure intricate.
Ariosto
vi aggiunse l'equilibrio tra drammaticità delle vicende narrate e
leggerezza ritmata di inseguimenti, fughe e duelli, mescolando garbata
ironia e sottile malinconia, distacco e insieme partecipazione ai
destini degli eroi, gioco ed evidente allusione alla situazione
contemporanea: tutti aspetti che rendono l'Orlando
furioso l'esempio più riuscito del genere.
Al
tempo dell'Ariosto l'immaginario cavalleresco aveva perduto da secoli
ogni attualità, diventando un contenuto esclusivamente letterario. A
prevalere, in seguito, fu l'elemento parodico e dissacratorio, ad
esempio nella Secchia rapita
(1624) di Alessandro Tassoni.
Determinarono il definitivo superamento del genere due capolavori che ne
condividevano alcuni aspetti qualificanti:
la
Gerusalemme liberata (1580) di
Torquato Tasso che impostò il poema eroico
moderno basato su una verosimiglianza storica (il racconto si concentra
sull'epopea della prima crociata);
e il Don Chisciotte
(1605-1615) di Miguel de Cervantes che
utilizzò materiali cavallereschi in un romanzo, questa volta, in prosa
(uno dei primi grandi romanzi moderni europei
).
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Genere
letterario, attestato nella letteratura spagnola a partire dal XV
secolo, che si configura come raccolta popolare e anonima di romances,
ossia componimenti epico-lirici in versi ottosillabici con assonanza
alternata, associabili alla ballata europea della stessa epoca. Il
romancero si diffuse non soltanto in Spagna e in Europa, ma anche
nell'America meridionale, nelle Isole Canarie, nell'Africa mediterranea
e nelle zone della Turchia in cui si installarono gli ebrei sefarditi
espulsi dalla Spagna nel 1492.
Grazie
alla sua persistenza nel tempo (oltre sei secoli), il romancero
esercitò una potente influenza sul teatro e sulla poesia moderni.
Nella fase più antica i romances
furono elaborati e tramandati oralmente da giullari
e cantastorie
ed ebbero prevalentemente carattere epico,
storico
o avventuroso
e una struttura intermedia tra la lirica e la narrativa, originariamente
in versi rimati.
I
romances di argomento storico sono gli unici per i quali sia possibile
una datazione sicura perché facevano riferimento ad avvenimenti
contemporanei; il più antico narra fatti del 1328, per quanto alcune
notizie inducano a pensare che il genere fosse nato già nel XIII
secolo. I romances epici svolgono i temi tipici delle “Chansons
de geste “ e di altre opere di letteratura cavalleresca.
I
testi d'avventura si inseriscono nella tradizione più ampia delle
leggende e della letteratura popolare europea.L'interesse dei poeti
colti per il romancero favorì la comparsa, nella seconda metà del XV
secolo, di romances in forma
scritta, a partire da “Gentil
dona, gentil” dona del catalano Jaume de Olesa, composto nel 1421.
Dopo
l'invenzione della stampa, i testi furono divulgati tramite fogli
sciolti che venivano talvolta raccolti in cancioneros, per i quali
venivano spesso rielaborati e riassunti o, al contrario, arricchiti di
spunti letterari.
L'apogeo
della fortuna del romance fu
il Seicento (il cosiddetto "Siglo de Oro"). Dopo essere stato
introdotto nel teatro, già all'inizio del XVI secolo, come intermezzo
cantato, fu coltivato in particolare da Lope de Vega, che ne privilegiò
soprattutto il carattere epico.
Luis
de Góngora y Argote, Francisco Gómez de Quevedo e molti autori
dell'epoca d'oro ripresero anche gli altri temi: amoroso, pastorale,
satirico, cavalleresco, picaresco. Abbandonato durante l'Illuminismo, il
genere fu recuperato dagli autori romantici e, nel XX secolo, dai poeti
della cosiddetta "Generazione del 27", tra i quali Federico
García Lorca e Jorge
Guillén.
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