di una moda. Nel frattempo
nuovi giovani scrittori di teatro hanno tentato in ogni parte del
mondo di fare i conti - nella drammaturgia e nella tecnica
drammatica, nelle enunciazioni teoriche e nel modo di recitare -
con Brecht, il grande innovatore che in ogni campo era al contempo
un uomo legato alla tradizione. A una tradizione, certo, intesa in
senso dialettico, in quanto egli voleva imparare dalla tradizione
per poter insegnare egli stesso. Il suo rapporto con la tradizione
consisteva nel negarla e nel fondarla al contempo.
Si può ormai chiaramente
scorgere che egli stesso ha fondato e creato una tradizione. Oggi
è lecito affermare senza alcuna ironia che egli è divenuto uno
dei classici della letteratura del nostro secolo. L’opera di
questo “scrittore di teatro” non può essere eliminata dalla
discussione letteraria respingendo le sue concezioni marxiste
oppure ricorrendo al tentativo, intrapreso occasionalmente (e
senza successo) da alcuni storici letterari, di paragonare la
tecnica di Brecht con quella dei suoi grandi predecessori, a tutto
svantaggio del primo. Questo confronto non è possibile, poiché
Brecht si era rifiutato fin dai suoi inizi, e con estrema
decisione, di accettare la tecnica e l’eredità drammatica che
va da Aristotele a Lessing. Con i suoi drammi egli non voleva
suscitare “pietà e terrore”.
Il suo teatro dialettico si
rifiutava di riconoscere i principi sino allora invalsi della
convergenza tra palcoscenico e spettatori, tra poesia tragica ed
effetto tragico.
Nelle opere della sua maturità Brecht ha validamente mostrato quale
fosse l’arte drammatica che egli intendeva sostituire a quella
precedente, cosiddetta aristotelica.
LA GERMANIA E I MOVIMENTI
POLITICI
Gli anni dell’adolescenza di B.Brecht coincidono con lo scoppio
della prima guerra mondiale. Per la Germania si apriva uno dei
periodi più tumultuosi e cruenti della storia. Agli albori
del 1818 ci fu un divampare di scioperi generali; in agosto
iniziò la disfatta del terzo Reich. Nel novembre di quello stesso
anno i consigli degli operai e dei soldati, riuniti in assemblea,
elessero un governo repubblicano, formato in maggior parte da
socialisti. Sembrava realizzarsi il sogno di un’intera
generazione: il potere nelle mani del popolo. Ma il movimento
socialista non fu in grado di affrontare la grave crisi. Numerosi
furono gli assassini politici e la confusione, che si agitò,
aiutò la destra a sopprimere la repubblica di Weimer
.
In tale circostanza un ruolo di prima importanza avrà
Hitler, che Brecht chiamava “l’imbianchino”. Come
ha scritto Fritz Martini: “finiva un grande ciclo storico ,
iniziatosi col rinascimento nei movimenti politico-sociali,
religiosi e filosofici, nei nuovi impulsi della civiltà
tecnico-scientifica.”
Tutte queste tensioni,
congiunte alla crisi e al contempo alla scoperta di nuovi valori
sia nel campo spirituale che in quello artistico, avevano
ingenerato, secondo lo studioso, una nuova umanità che tenta di
esprimere se stessa nella totalità dell’universo e la cui
lezione è presente nell’età contemporanea. Emblema di questa
condizione può essere considerata la tematica esposta nella “Vita
di Galileo”, che esprime la volontà di
ricostruire il mondo su basi razionali.
Nel
1948 dopo quindici anni vissuti lontano dalla Germania Bertolt
Brecht torna a Berlino. Era andato via il 28 febbraio del 1933,
anno in cui la polizia sospende la rappresentazione della "La
linea di condotta" e
i suoi libri vengono bruciati dai nazisti nel grande rogo dinnanzi
al Teatro dell'Opera di Berlino. Da quel momento lo scrittore
tocca varie città dell'Europa ed infine nel 1941 approda in
America. Ma le sue simpatie comuniste non sono gradite agli
americani che lo sottopongono ad una inchiesta dalla quale riesce
a venire fuori. Lasciati gli Stati Uniti, Brecht va in Svizzera e nell’ottobre
del 1848 si trasferisce nel settore orientale di Berlino
est, accolto e acclamato dall'establishment politico e culturale
comunista.
La permanenza di Brecht in America, dove ha lavorato come sceneggiatore
cinematografico, ha seminato nella Berlino comunista il sospetto
che egli possa avere acquisito simpatie filoamericane ed il regime
sovietico decide di sottoporlo alla sorveglianza della Stasi. Per
spiarlo viene scelta un'attrice viennese la cui famiglia ha avuto
un passato nazista. Convinta, non per scelta ma per esigenze di
sopravvivenza, Maria Eich accetta di entrare nel servizio di
spionaggio con il compito di stare a fianco del drammaturgo sia
nel ruolo di attrice della sua nuova compagnia sia in quello di
amante. Inizia così per la donna il cammino che la porta a
condividere con Brecht la scena e il letto.
Nel 1950 viene nominato membro
dell’Accademia delle Arti.
Il successo va adesso sempre più
ingigantendosi fin quando la sua vita non viene stroncata da un
infarto il 14 agosto del 1956.
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ESORDIO
L’esordio di Brecht tanto nella poesia quanto nel teatro
avviene nell’ambito della corrente dell’espressionismo.
Tipizzante di questo periodo è la figura di Baal.
Baal è un cantante di cabaret, che senza alcuna
regola morale, erra da un punto all’altro e da una persona
all’altra. Una ragazza, da lui sedotta, si ucciderà
disperata. Inoltre tradisce il suo migliore amico, che uccide,
dopo avergli sottratto la fidanzata. Alla fine andrà a morire in
un bosco lontano da tutti.
In Baal si configura il dramma
dell’esistente nell’ultimo drammatico tentativo di conciliarsi
con la natura. Baal è l’eroe non tanto dell’adeguamento alla
società per sopravvivere, quanto dell’adeguamento della natura
nella sua forma eternamente presente ed immutabile. Dal tono
anarchico e ribelle di Baal si passa alla parabola
didattica, che indulge ad un orizzonte di attesa tra un mondo
innocente ed un ironico gusto del paradosso. Questi termini ci
riconducono alla poetica pirandelliana presente in un’ altra
opera brechtiana: “Un uomo è un uomo”. In
quest’opera l’autore coglie il rapporto
uomo-natura-essere-individuo.
Brecht iniziava a concepire la
forma del teatro epico ed il principio dello straniamento. Rilevante
per la sua vita di uomo e di artista fu l’incontro con Piscator,
regista e pensatore, che lo indurrà ad applicare le teorie marxiste ai drammi. L’autore
concreta la sua istanza sociologica nella produzione artistica.
Il PROCESSO DIALETTICO - Galileo
Brecht, nell’approcciarsi al pensiero di Galileo,
analizza il processo dialettico di Ragione contro Istinto.
L’istinto può essere rappresentato da Baal, che
l’autore scrive a soli 19 anni, mentre la ragione è impersonata
da Galileo. Secondo Eslin, però, in Galileo persiste
l’alternarsi tra istinto e ragione.
Anche
Galileo è un genio ed è al contempo un uomo lascivo e
goloso, ma il suo istinto più forte è la curiosità ed il suo più
grande piacere è il piacere della curiosità. Qui Brecht
tocca il nocciolo della questione: il desiderio della conoscenza,
il lato più razionale degli sforzi umani è rappresentato come un
altro degli impulsi fondamentali ed istintivi dell’uomo. Per
poter soddisfare questo istinto Galileo è pronto a commettere le
azioni più vili, imbroglia i Veneziani vendendo il
telescopio, che non ha inventato, scrive lettere servili ai Medici
ed infine abiura.
Sembra che, prima di morire, Brecht volesse accusare
pesantemente Galileo dell’abiura, in quanto vedeva nello
scienziato non colui che aveva abiurato per salvare la scienza, ma
colui che con la sua codardia aveva instaurato la sottomissione
dello scienziato allo stato, una tradizione, secondo Brecht,
culminata nella bomba atomica, che la scienza ha messo a
disposizione di uomini comuni ai fini di una politica di potenza.
Galileo, l’eroe della scienza, avrebbe potuto essere l’incarnazione della
ragione in tutta la sua grandezza, ma ancora una volta annientata
nella sua incapacità a superare il lato più basso, istintivo, informe
della natura umana. Questa sarebbe stata, secondo alcuni critici,
l’ultima interpretazione, che Brecht avrebbe fatto del suo
Galileo, mentre l’opera ci sembra che ci dia un messaggio
diverso.
In
“Madre Courage” e nella “Vita
di Galileo”si coglie un elemento che li accomuna; la
vivandiera cantava la canzone “Capitolazione” ed esprimeva la
quintessenza dei personaggi presenti nella scena di “Terrore e
miseria del terzo Reich”. Anche Galileo con la sua abiura
sembra capitolare. Ma mentre Madame Courage, che ha perduto
i suoi tre figli nella guerra, continua la sua opera senza
rendersene conto, Galileo abiura per continuare a
lavorare senza essere molestato dai persecutori.
Il
dramma, iniziato nel 1938, fu compiuto a Zurigo nel 1943 nella
redazione originale.
Poi Brecht visse il periodo della preparazione della
bomba atomica e del suo lancio. L’aspetto nodale del dramma è
quello dell’abiura: deve essere intesa come un’abile, astuta
capitolazione al servizio della verità? Se questa era
l’impostazione originaria dell’autore, dopo il lancio della
bomba atomica, il suo giudizio è modificato.
Nella
scena XIV Galileo afferma :“Non credo
che la scienza possa porsi altro scopo che quello di alleviare la
fatica dell’esistenza umana, se gli uomini di scienza non
reagiscono all’intimidazione dei poteri egoisti e si limitano ad
accumulare sapere per sapere; la scienza può rimanere fiaccata
per sempre ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuove
tribolazioni per l’uomo. Un uomo che contravviene a questi
principi, che rifiuta la responsabilità delle ricerche o
addirittura le ritratta abiurando, non può essere tollerato nei
ranghi della scienza”.
Questa autocritica, secondo la teoria dello
straniamento, doveva indurre il pubblico a riflettere.
“L’opera di tre soldi” rappresenta una
società, in cui si aggirano malviventi, prostitute. Mackie
viene imprigionato nel giorno delle sue nozze perché accusato di
delazione di una prostituta. Evade, ma riesce ad essere salvato da
un messaggero della regina.
Significative le parole finali dell’opera: “Restate
tutti dove siete a cantare la corale dei miseri tra i
miseri, la cui dura esistenza oggi fu rappresentata. La realtà,
purtroppo, è assai diversa, si sa. I messi a cavallo giungono
assai di rado, se i calpestati osano recalcitrare. E però non vi
accanite troppo sul peccato”.
Assume una pregnante valenza la lezione marxista congiunta
al preciso intento dell’autore di condannare la classe borghese.
Brecht, inoltre, intendeva abbattere i canoni estetici,
legate alle teorie aristoteliche, fondate sul principio
della catarsi ed ormai ritenute inutili ad innovare la
coscienza morale e civile del popolo e proponeva un nuovo modello
di teatro epico, le cui sequenze dovevano essere proprio
quelle del teatro popolare, ispirato al vissuto e al quotidiano,
con scene staccate l’una dall’altra e con la fusione di nuovi
registri fomale-espressivi, cui si attribuisce peculiare
importanza (parola, musica, gesto).
Infatti, mentre prima si tendeva all’empatia
(commozione del pubblico), ora invece l’autore si distanzia
dallo spettatore (straniamento), il pubblico viene
messo in grado non solo di partecipare, ma anche di giudicare; il teatro di Brecht non
mira alla commozione, ma a sviluppare il senso critico, era il
fine didattico del teatro sociologico.
IL
TEATRO EPICO
Preceduto dalle esperienze di Piscator e Mejerchol'd,
il teatro epico venne elaborato da Bertolt Brecht, che usò il
termine per indicare un sistema estetico di messa in scena che ha
come obiettivo primario produrre conoscenza attraverso la
narrazione critica di fatti e situazioni, così da suscitare
attraverso il teatro una trasformazione socio-politica della realtà.
Lo scopo
di Brecht, come si può desumere da quanto innanzi
enunciato, era quello di produrre al contempo un teatro epico e
politico e come Piscator Brecht aspirava ad un dramma scientifico e marxista,
che comprendesse le profonde ragioni sociali e storiche del
popolo. Il teatro, in tal modo, diventava voce e protesta.
Alla novità dell’argomentare si unisce un linguaggio nuovo, che
protesta contro l’aborrita borghesia. Il linguaggio diventa
funzionale al suo discorso, ai fatti realisticamente espressi, e al
linguaggio si unisce l’incisività del gesto.
Intanto si va delineando sempre più la distinzione tra genere
epico e teatro aristotelico, il pubblico non doveva essere
costretto ad avere emozioni, ma doveva essere indotto a pensare.
Mentre il teatro dell’illusione cerca di
ricreare un presente spurio, il teatro epico è strettamente
storico. Bisogna trasformare, dice Brecht, il vecchio teatro
dell’illusione, che definisce “un traffico di
droga” in un “sussidio didattico”.
L’effetto totale del dramma si ottiene con la
giustapposizione ed il montaggio di episodi contrastanti, mentre
il dramma aristotelico può essere concepito nella sua unità
formale. Musica e gestualità saranno interfunzionali alla
scena e daranno al pubblico la possibilità di riflettere.
Brecht,
inoltre, era convinto che il teatro epico e non quello
aristotelico fosse destinato a diventare il teatro dell’era
scientifica. così scriveva, “In
un’età in cui la scienza veniva a trasformare la
natura fino al punto da far sembrare l’uomo come vittima, come
oggetto, lo stesso mondo dell’umanità si può descrivere come
un oggetto che può essere trasformato.”
Questo
interesse allo scientificismo stigmatizza la lezione
galileiana insita nella sua opera. Inoltre il teatro
epico si presentava come il teatro marxista per eccellenza e come teatro
dialettico. Seguendo la lezione marxista, inoltre, Brecht
pensava che la letteratura è parte della storia e che la storia
non deve essere falsificata.
Per
i classici la storia è soprattutto la storia della lotta di
classe, mentre il teatro epico, pur attingendo alla storia dei
classici, è imbevuto dell’ ideologia marxista ed ha per il
drammaturgo una natura prevalentemente scientifica.
La ricerca scientifica indulgeva, altresì, al dubbio, allo
spirito critico.
Uno dei discepoli di Brecht racconta che, durante le
prove della rappresentazione della “Vita di Galileo”,
il drammaturgo sottolineava sempre questa frase : “Il mio
compito non è di dimostrare che ho avuto ragione sin ora, ma
capire se ho avuto ragione”, definendola la più
importante di tutto il dramma per un marxista.
Alla
ricerca della verità si aggiungeva una fiducia nel cammino, che
l’autore giudica “non pazzia, ma fine della pazzia,
non caos, ma ordine, quella semplice cosa così difficile da
realizzare”.
In
“Paura e miseria del terzo Reich” muove
un’accusa precisa al nazismo: quella di
affamare i lavoratori e di abbandonarli nelle mani dei capitalisti.
In realtà tutto il potere del nazismo si fondava sul fatto che il
popolo si illudeva che gli venisse attribuito un benessere
materiale notevole, mentre, in verità lo si alienava di ogni
forma di libertà.
Il teatro di Brecht evoca in senso storico il
dramma di un popolo e la trasposizione del reale nella
rappresentazione teatrale si tramuta in vera opera di poesia. Nel
rispetto dei canoni estetici, ispirati al realismo di stampo
socialista, la verità e l’esattezza storica dell’immagine
artistica devono essere connesse al compito di trasformare
ideologicamente la società e di educare i lavoratori allo spirito
del socialismo.
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Il teatro epico
come forma teatrale si contrappone alla teoria aristotelica
dell'identificazione mimetica e della catarsi, su cui si fondava
il naturalismo teatrale coevo a Brecht; rifiuta l'immedesimazione
e l'adesione irrazionale al punto di vista illusionistico della
scena o del personaggio, sia dell'attore sia dello spettatore, e
intende al contrario produrre un effetto di distanziazione (effetto
di straniamento) da ciò che la scena `mostra' attraverso
"uno stile di rappresentazione quanto più possibile freddo,
classico, razionale", "facendo appello
all'intelligenza" piuttosto che al sentimento.
Modello elementare
di questo teatro che `racconta' e non incarna è "la scena di
strada", in cui i testimoni di un incidente narrano come si
è svolto. Divenuto noto in tutto il mondo grazie alle tournée
del Berliner Ensemble.
in Italia il
teatro epico ha influenzato, per la sua concezione etico-politica
del teatro e per la poetica dello straniamento, l'esperienza della
regia critica di Strehler, Castri, ecc., dell'animazione di Scabia
e della sperimentazione Dario Fo e il teatro politico degli anni
Settanta.
LA
MUSICA
Bertolt Brecht oltre al drammaturgo poeta e teorico del teatro,
fece con le sue opere anche un lavoro d’insieme che coinvolse
alcuni dei più importanti musicisti classici della Germania di
Weimar: Paul Hindemith, Kurt Weill e Hanns Eisler;
del primo e il secondo è inutile fare cenno perché sono due fra
i maggiori musicisti della Berlino degli anni venti-trenta,
l’ultimo è meno famoso se non per la composizione dell’inno
nazionale della DDR.
Brecht perfezionò un teatro politico ed epico (come
lo definì lui stesso) di scopo didattico. Nella teoria brechtiana
del "teatro epico" lo spettatore non doveva
immedesimarsi, su ciò che vedeva in scena e le canzoni dovevano
creare un effetto di straniamento, un distacco critico.
A partire dal 1929 Eisler cominciò a collaborare con Brecht,
infatti, compose le musiche per La Madre (adattamento da un
romanzo di Gorky), Die Maßnahme, e il film Kuhle Wampe
o a chi appartiene il mondo? oltre che per Vita
di Galileo, Schweyk nella seconda guerra mondiale.
Sempre negli anni venti Kurt Weill musicò opere di fondamentale
importanza come L'opera da tre soldi, Il volo
di Lindbergh, I sette peccati capitali e Ascesa
e rovina della città di Mahagonny.
Anche nel mondo della musica rock l'opera di Kurt Weill per Brecht
ha avuto influenza, un esempio per tutti la trascrizione dei Doors
di Alabama song tratto appunto da Mahagonny.
Hindemith,invece, che frequentò gli ambienti intellettuali più
attivi della Germania, per Bertolt Brecht musicò il Lehrstück.
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Leggi alcune poesie e delle sue riflessioni
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